Attraverso la loro applicazione si calcola il ricavo o il compenso effettivo del contribuente di piccole o medie dimensioni sulla base di coefficienti di produttività ricavati dai fattori produttivi, impiegati nell’attività economica del contribuente.
Sebbene considerati strumenti eccellenti per il recupero del credito da parte dello Stato, ultimamente gli Studi di Settore sono stati messi molto in discussione anche dal Premier Matteo Renzi che proprio in questi giorni tenta di ripensare allo strumento presuntivo di redditività partendo proprio dai professionisti che hanno una contabilità per cassa per poi passare in rassegna le ulteriori situazioni.
La fatturazione elettronica sarà, probabilmente, in tal caso, lo strumento che farà la differenza oltre alle periodiche comunicazioni da effettuare al Fisco.
Nel frattempo, l’Agenzia delle Entrate ha già iniziato a lavorare verso una semplificazione disponendo l’abolizione di due modelli: il modello Ine (indicatori di normalità economica) e il modello di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi per i contribuenti che hanno cessato l’attività nel corso del periodo d’imposta o che si trovano in liquidazione ordinaria.
È indispensabile, dunque, riadeguare i parametri di “congruità” e di “coerenza” secondo i quali, nel primo caso il contribuente risulta congruo se i ricavi risultano uguali o superiori a quelli stimati dallo Studio di Settore e nel secondo caso, la coerenza misura il comportamento del contribuente rispetto ai valori di indicatori economici predeterminati, per ciascuna attività, dallo Studio di Settore.
Parametri ad oggi, evidentemente non più attuali, visto che, un terzo delle dichiarazioni presentate non risultano “congrue” e più del 50% non risultano “coerente”.
di Donatella Carriera