Legambiente: “A Roma oltre centomila persone vivono e lavorano in aree ad alto rischio idrogeologico”

La scorsa settimana si è tenuto a Roma un convegno organizzato da Legambiente nel corso del quale è stato presentato il dossier “Ecosistema Rischio 2016”, un’indagine sulle attività nelle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico. Per condurre la ricerca Legambiente ha inviato un questionario a 6.174 amministrazioni comunali italiane con aree a rischio idrogeologico, ma solo il 23% dei comuni ha risposto, per un totale di 1.444. Secondo i dati pubblicati dall’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica solo nel 2015 frane e alluvioni hanno causato 18 vittime, 1 disperso, 25 feriti e 3.694 persone evacuate o senzatetto in 19 regioni, 56 province, 115 comuni e 133 località. Una vera emergenza che per essere arginata necessita di una “politica di mitigazione del rischio che sappia tutelare il suolo e i corsi d’acqua e ridurre i pericoli a cui sono quotidianamente esposti i cittadini”.
Nel Lazio il 33% dei comuni ha interi quartieri costruiti in aree a rischio e il 15% ha continuato a costruire in queste aree anche negli ultimi 10 anni. Complessivamente l’84,9% dei comuni laziali ha aree esposte a rischio e dei 17.232 kmq complessivi di superficie, il 7,7% è a rischio idrogeologico.
Anche a Roma la situazione è piuttosto complessa, a fronte di una prevenzione quasi inesistente e qualche sporadica opera di mitigazione del rischio. In aree a rischio idrogeologico ci sono industrie, case, quartieri, strutture sensibili, nuove edificazioni.
“È assurdo che nella nostra regione si continui a costruire in aree a rischio idrogeologico, nonostante sia ormai nota l’estensione di tali aree e nonostante i mutamenti climatici ci ricordino di continuo quanto pericolo possono scatenare”, ha dichiarato il presidente di Legambiente Lazio, Roberto Scacchi, alla presentazione della ricerca. Gli fa eco Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente: “Il tema della fragilità del territorio della nostra Penisola deve diventare centrale nella riflessione comune a tutti i livelli di governo del territorio […] Innanzitutto occorre fermare il consumo di suolo, programmare azioni che favoriscano l’adattamento ai mutamenti climatici e operare per la diffusione di una cultura che punti alla crescita della consapevolezza presso i cittadini dei fenomeni e delle loro conseguenze”.

Fonte: www.legambiente.it

Di Benedetta Carulli

Leave a Reply