La guardia medica che non ci guarda più

 

E’ in atto una vera e propria riforma dei servizi sanitari d’emergenza/urgenza del territorio nazionale: l’abolizione della guardia medica. La riforma prevede la nascita di studi medici attivi per 16 ore, dalle 8 a mezzanotte, dove l’assistenza sarà garantita da medici di famiglia e di continuità assistenziale (ex guardia medica) a turno. E durante la notte?

Durante la notte, qualora il cittadino dovesse avere necessità, bisognerà fare riferimento al 118 e quindi al Pronto Soccorso. L’idea della riforma è quella di spostare i quasi 17.000 medici di continuità assistenziali nel turno di “giorno” e migliorare così i servizi quotidiani.
Bene, ma non benissimo. La guardia medica notturna aveva la possibilità di effettuare visite domiciliari e consulenze telefoniche, permettendo un maggior controllo dell’afflusso notturno al pronto soccorso che poteva concentrare così la sua attenzione solo sui casi realmente urgenti. Il problema è che, come abbiamo riportato anche in un precedente articolo “Psichiatria, rigidità e 118” nel numero 378, il servizio del 118 ha già problemi di personale, di organizzazione e di capillarità territoriale (almeno per il territorio di Roma). Prevedere una riforma di questo tipo senza compensare lo spostamento della forza lavoro, diventa come fumo negli occhi poiché c’è solo lo spostamento della forza lavoro da un turno ad un altro senza compensare il vuoto di tale spostamento.
Quanto tempo ci metteremo per ri-potenziare il servizio notturno?

Di Valerio Lofoco

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