Dal 2005, con l’evoluzione del Web al Web 2.0, la rete si è trasformata in uno spazio virtuale dove comunicare, incontrarsi, condividere idee, dare suggerimenti, collaborare e promuovere progetti innovativi. Grazie alle tecnologie dell’informazione, le distanze tra gli abitanti del pianeta sono state definitivamente abbattute.
Dal 19 al 21 novembre scorso nella città di Wuzhen, in Cina, si è tenuta la Conferenza mondiale di Internet alla quale hanno partecipato oltre ai colossi cinesi Alibaba (network di siti di e-commerce) e Baidu (motore di ricerca leader in Cina), anche le grandi aziende occidentali Linkedin e Softbank.
Durante l’evento si è discusso del futuro di Internet e della libertà d’espressione online, minacciata da molti governi in tutto il mondo. Le autorità, infatti, ricorrono sempre più spesso alla tecnologia per reprimere la libertà d’espressione e censurare le informazioni sulle violazioni dei diritti umani. La conferenza ha messo l’accento sulla realtà della censura online in Cina, paese che vorrebbe proporre la sua normativa come modello da applicare anche al resto della rete mondiale. Le autorità cinesi, infatti, bloccano l’accesso a Facebook, Youtube, Twitter, Instagram e censurano tutte quelle frasi che possano far riferimento alla repressione di Tienanmen del 1989 o alle attuali manifestazioni per la democrazia a Hong Kong. Nell’ultimo anno sono stati arrestati numerosi attivisti accusati di aver diffuso opinioni volte a promuovere la trasparenza dell’azione di governo e a denunciare la corruzione.
Nel corso della conferenza, William Nee, ricercatore di Amnesty International, ha evidenziato il problema denunciando il comportamento del governo cinese. Inoltre, ha affermato il ruolo cruciale di Internet nello sviluppo dei diritti umani, che, come tali, non devono essere ignorati.
di Valentina Barbanera