Fumo e luoghi di lavoro: intervista al Prof. Mangiaracina

L’INAIL, l’Ente Nazionale per l’Assicurazione Contro gli Infortuni ha da poco pubblicato un manuale informativo per la gestione del fumo di tabacco in azienda, indirizzato ai datori di lavoro, ai medici competenti e ai responsabili del servizio di Prevenzione e Protezione per fornire delle linee guida per affrontare il fenomeno del tabagismo lavorativo.
Approfondiamo con il Prof. Mangiaracina, presidente dell’Agenzia Nazionale per la Prevenzione e Direttore della rivista scientifica Tabaccologia, alcuni punti chiave per meglio comprendere il fenomeno del tabagismo nei luoghi di lavoro e i rischi ad esso collegati.

1) Il manuale dell’Inail sembra tralasciare il concetto di “stress-lavoro correlato”, fornendo solo dei dati da cui risulta che alcune professioni sono più inclini a fumare di altre. Ma cosa si intende più precisamente per “stress-lavoro correlato” e, secondo lei, tale concetto andrebbe maggiormente approfondito in relazione alle abitudini dei fumatori?
Lo stress lavoro-correlato è un importante indicatore del disagio di una persona nel suo contesto lavorativo. Inevitabilmente questa condizione si ritorce contro la produttività e il benessere lavorativo. Tali condizioni di disagio non inducono al tabagismo ma lo incrementano. In altre parole, sotto stress il fumatore incrementa il comportamento tabagico, ovvero fuma di più. Ciò ha spiegazioni neurobiologiche e psico-sociali.

2) La nicotina, al pari delle droghe, comporta l’instaurarsi di una vera e propria dipendenza: come viene influenzata tale dipendenza dall’ambiente lavorativo? Perché alcune professioni tenderebbero a fumare più di altre?
Il Tabagismo è una dipendenza patologica codificata come malattia nei “sacri testi” scientifici dal 1995. Diversamente da tutte le altre dipendenze patologiche è socialmente accettata e uccide 80mila italiani ogni anno (30mila solo per tumore polmonare) contro i 20mila decessi totali da alcol e gli appena 300 da oppiacei. Siccome la Nicotina stimola nei nuclei del cervello la produzione di Dopamina si capisce il moticvo per cui durante gli eventi stressanti, che inducono reazioni depressive con calo della Dopamina cerebrale, si fumi di più e si bevano più caffè per lo stesso motivo.

3) Sappiamo che con l’entrata in vigore della L. 3/2003 sulla tutela dei non fumatori e il divieto di fumo in tutti i luoghi chiusi non privati, i datori di lavoro si sono trovati a dover gestire anche le problematiche legate al fumo di tabacco che, interagendo con i rischi più propriamente professionali, è uno dei principali fattori di rischio anche nei luoghi di lavoro. Che effetto hanno i divieti e le sanzioni introdotti dalla normativa sulle abitudini, i comportamenti e i sentimenti dei lavoratori?
La chiamiamo “legge antifumo” ma si tratta dell’art. 51 della Legge 3/2003 sulla Pubblica amministrazione, che rivoluzionato i comportamenti degli italiani e anche i cittadini di altri Paesi che hanno introdotto analoghi divieti. I dati scientifici del danno sono talmente evidenti che in tutto il mondo si dovranno attuare i divieti per tutelare chi non fuma. Certo è che i divieti funzionano migliorando la salute pubblica. Da quando è entrata in vigore la legge nel 2005 abbiamo assistito ad una riduzione significativa degli infarti, una certa modesta percentuale di fumatori ha smesso, altri hanno ridotto il consumo di tabacco. I divieti hanno dunque una loro ratio e farli rispettare è un dovere. Viviamo in una società normatizzata e un divieto stradale di transito non è un affronto agli automobilisti. La questione è che l’azienda deve dialogare con i lavoratori creando le opportunità di offerte di servizi in questo campo. Ho la maggiore esperienza in Italia di No-smoking Policy aziendale e tutte le volte che viene attuata in aziende e istituzioni si sono attenuati i conflitti e si è creato un clima positivo sui comportamenti e i sentimenti dei fumatori.

4) Inoltre cosa potrebbero fare le aziende, oltre ad imporre il rispetto della legge, in un ottica di Psicologia della Salute per ridurre il tabagismo lavorativo?
Devono attuare interventi di No-smoking policy come hanno fatto grandi aziende (Jonhson & Jonhson, Pfizer, ENEA, Luxottica, Barilla, istituti bancari,…) e istituzioni (Comune di Roma, Ministero degli Esteri,…). Si tratta di un protocollo ormai validato scientificamente e standardizzato che va da un’analisi del tabagismo in azienda attreverso check-list di valutazione e questionari, fino alla creazione di un servizio aziendale come lo “sportello tabagismo” per colloqui individuali, counseling tabaccologico e persino terapie di gruppo. L’Agenzia nazionale per la prevenzione (ANP) se ne occupa continuativamente dal 2005 con un prprio sito dedicato: www.aziendesenzafumo.it. E abbiamo anche avuto il piacere di tenere a battesimo una “no-smoking company” dichiarata, la Jonhson & Jonhson.
Per informazioni sui programmi di No-smoking policy: info@aziendesenzafumo.it.

di Andrea Poliseno

Leave a Reply