Dopo la mano bionica è il momento di presentare il risultato del primo progetto che vede come protagoniste le gambe bioniche. L’unione di protesi e robot indossabili, simili ad esoscheletri, che permettono di effettuare la serie complessa di movimenti a soggetti che hanno subito amputazioni di arti.
Il progetto di dimensione ed estensione europea, ha il nome di Cyberlegs (CYBERnetic LowEr-Limb CoGnitive Ortho-prosthesis); la sua capitale di gestione è l’Italia, con l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Il progetto è finanziato dalla Commissione Europea con 2,5 milioni di euro in tre anni e vede un gemellaggio in collaborazione con Belgio (Università Cattolica di Lovanio e università Vrije di Bruxelles) e Slovenia (università di Lubiana), e Fondazione Don Gnocchi di Firenze.
Al momento sono undici i soggetti che hanno usufruito delle gambe bioniche grazie alla Fondazione Don Gnocchi di Firenze.
Si tratta di “un insieme di tecnologie che aiutano a tornare a camminare in modo naturale”, afferma il coordinatore del progetto, Nicola Vitiello. Il progetto è alla ricerca di finanziamenti e partner industriali adeguati, così da poter essere in commercio “nel giro di 2-3 anni”, suggerisce Vitiello.
“Stanno aumentando le persone anziane amputate e per loro poter lasciare stampelle e sedie a rotelle è un grande successo”, parole di Maria Chiara Carrozza, fondatrice e coordinatrice del progetto nonché ministro per l’Istruzione, Università e Ricerca.
Tale progetto vanta di quattro risultati sorprendenti quali: zainetto hi-tech, leggero da indossare, il quale consente la flessione e estensione dell’anca: ovvero un tutore robotico detto Active Pelvis Orthosis.
Secondo risultato ottenuto è la protesi motorizzata collegata a un sistema di sensori indossabili, la quale consente ai soggetti amputati di poter camminare, effettuare un azione per sedersi e in ultimo di salire le scale.
Terzo, e non ultimo motivo di successo del progetto, prende il posto il dispositivo che connette protesi (che consente di sostituire l’arto mancante) e il tutore (che permette di camminare in modo fluente e naturale) il tutto connesso al bacino.
L’insieme di queste potenzialità biotecnologiche consente di diminuire la differenza tra arto naturale e bionico permettendo l’innesto di sistemi innovativi ce consentono, per mezzo di sensori, di prevenire la possibilità di cadute o evitare, per quanto possibile, la possibilità di alterazioni nella marcia.
“Sono tecnologie che si indossano e che permettono a chi è in difficoltà di camminare con meno fatica”, afferma Vitiello. Per Maria Chiara Carrozza “i risultati del progetto Cyberlegs sono, prima di tutto, rilevanti dal punto di vista scientifico, con una significativa dimensione strategica e socio-economica”. L’università ne ha permesso lo sviluppo che “permette alla scienza e la tecnologia di promuovere innovazione sociale”.
di Valerio Lofoco