Lo sviluppo cerebrale tanto ha influito sul progresso della specie umana quanto ha condizionato la sua tendenza alla razionalizzazione e all’intellettualizzazione. Il buon vecchio Freud descriveva questi due processi come difese della mente necessarie a proteggersi da contenuti emotivi profondi troppo difficili da digerire. L’intellettualizzazione può essere così definita: una propensione a teorizzare le proprie esperienze emotive nel difficile tentativo di controllarle. Le emozioni non vengono provate, sono teoriche e non esperenziali. Nel corso della storia il sistema economico mondiale si è sempre più servito di questi processi per evitare di farsi influenzare: comandato da adulti, per gli adulti, con gli occhi degli adulti. La caratteristica umana dell’empatia e dell’emotività viene così raffreddata in nome di un bene comune teorico ed economico, che privilegia il proprio gruppo e non l’umano in se per sé.
In questi giorni stiamo assistendo a un esodo sempre più contingente di individui che fuggono e cercano riparo in Europa, si allontanano dalla guerra, una guerra che dura da anni. Solo oggi divengono un nostro problema perché solo oggi li vediamo in faccia, solo oggi abbiamo la possibilità di immaginare quello che provano, e di vergognarci.
Solo oggi siamo costretti a meravigliarci delle parole di un ragazzo di 13 anni che ci dà come soluzione del problema l’interruzione della guerra. Una guerra non sua, ma degli adulti.
La vera emergenza è trovare la forza e la capacità di guardare il mondo con gli occhi di un bambino. No soldi, no guerre, no colori, no razze. Solo altri bambini.
di Andrea Poliseno